Nel XVII Rapporto ‘Paesaggi sommersi’ la Società Geografica Italiana presenta le geografie della crisi climatica nei territori costieri italiani
Innalzamento dei mari, rischi di inondazioni temporanee o permanenti, erosione, pressione demografica e urbanistica. La crisi climatica sta trasformando i territori e ridisegnando le coste italiane. Secondo gli scenari più attendibili nel 2100 saranno diverse le aree sotto il livello del mare. Ma quali sono i territori più a rischio? In primo luogo l’Alto Adriatico e, in misura minore, la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della costa tirrenica tra la Toscana e la Campania, le aree di Cagliari e Oristano, e molte altre. A rischio sono anche la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti, più del 10% delle superfici agricole, buona parte delle paludi, delle lagune e le zone costiere cosiddette «anfibie», a cominciare dal Delta del Po e dalla Laguna di Venezia. Lo rileva il XVII Rapporto ‘Paesaggi sommersi’ della Società Geografica Italiana, presentato questa mattina a Palazzetto Mattei a Roma con un ampio corredo di dati, evidenze, proiezioni e analisi.
La crisi climatica avrà un impatto enorme, ad esempio, sulle aree agricole costiere con un’accelerazione dei processi di salinizzazione, che imporranno pesanti strategie di adattamento, e sui litorali urbanizzati. Secondo stime inedite sono 800 mila le persone che vivono in territori sotto il livello del mare atteso e che rischiano processi di ricollocazione, o che dovranno essere protetti da difese costiere artificiali sempre più pervasive. Basti pensare che la fascia costiera non è solo la zona in Italia con la maggior percentuale di suolo artificiale e urbanizzato, ma è anche un’area dove il consumo di suolo prosegue incessante. Questo nonostante diverse norme e politiche abbiano tentato di impedire nuove costruzioni nelle zone limitrofe alle coste. Norme quasi interamente inapplicate non solo per via dell’abusivismo, ma anche per il ruolo preponderante della turistificazione. Il Rapporto evidenzia che l’Italia rischia di perdere circa il 20% e il 45% delle proprie spiagge al 2050 e al 2100 rispettivamente, con punte in Sardegna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Campania.
I Dati Chiave
Artificializzazione Costiera: Quasi un quarto del territorio entro i 300 metri dalla costa è coperto da strutture artificiali, con picchi allarmanti in Liguria (47%) e nelle Marche (45%).
Erosione Accelerata: L’Italia rischia di perdere fino al 45% delle spiagge entro il 2100, mettendo a rischio un patrimonio naturale e turistico inestimabile.
Difese costiere: Barriere artificiali proteggono ormai più di un quarto delle coste basse, ma aggravano l’erosione e la vulnerabilità e saranno sempre più costose e meno efficaci.
Pressione Turistica e Impatto Economico: I comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici, ma questo sviluppo incontrollato sta esacerbando la crisi.
Salinizzazione dei terreni agricoli: Nell’estate del 2023, il cuneo salino ha risalito il Delta del Po per oltre 20 chilometri, minacciando l’agricoltura e la disponibilità di acqua potabile.
Aree protette vulnerabili: Le aree protette, cruciali per la biodiversità, tutelano il 10% delle acque e delle coste italiane, ma raramente dispongono di un piano di gestione adeguato.
Porti a Rischio: Porti e infrastrutture connesse si estendono per 2.250 km, e rischiano di essere pesantemente compromesse, con gravi effetti sulla qualità dei sistemi logistici.
Commenti recenti